Uno sguardo diverso

1. Il degrado della sinistra

© Tutti i diritti riservati all’autore | Marco Moroldo settembre 2017

 

Tra tutte le tematiche di natura politica che mi è capitato di affrontare in questi ultimi anni parlando con amici e conoscenti, senza dubbio questa è quella che ha scatenato i dibattiti più accesi. E, ogni volta, sono puntualmente rimasto sorpreso dalla varietà degli aspetti discussi e delle prospettive usate per interpretare il fenomeno.

Proprio a causa di questa grande diversità di punti di vista, l’argomento non è facile da discutere. Tuttavia, il nocciolo della questione, alla fine, è sempre lo stesso.

Si tratta in sostanza della sensazione, condivisa da buona parte dell’elettorato di sinistra, che negli ultimi venti o trent’anni abbia avuto luogo un sostanziale decadimento del livello culturale, morale e comportamentale dei partiti di sinistra, con conseguente disaffezione da parte dei votanti. Per quanto mi riguarda, è una sensazione che condivido in pieno.

In Italia, per motivi legati alle nostre particolari vicende politiche, siamo particolarmente inclini a questo tipo di riflessioni, tuttavia il fenomeno è globale e non risparmia nessun paese. In questo senso, basta osservare che, di fatto, i tradizionali partiti di sinistra sono in crisi quasi ovunque (ad esempio in Spagna o in Germania), e ottengono risultati elettorali deludenti.

A mio modo di vedere, per capire questo fenomeno è necessario inquadrarlo nell’ottica più ampia di una sorta di degrado generalizzato della società che ha avuto luogo a partire dagli anni ’80.

E’ l’epoca in cui prendono il potere Thatcher e Reagan. La reazione (o controrivoluzione) neoliberista sferra un attacco micidiale al sistema vigente sino ad allora, che era di impianto keynesiano. I neoliberisti sfruttano le tecniche di marketing più avanzate per ottenere la “egemonia culturale” (concetto gramsciano). Occupano tutti gli spazi culturali, mediatici, politici, economici e tutta la “narrativa”. Gli americani lo chiamano “storytelling”: bisogna confezionare una storia attraente da vendere alla gente.

Affinché tale narrativa (o “pensiero dominante”) sia accettata, è meglio se la gente ha un livello di istruzione basso e se ha paura. Affinché la gente abbia paura, meglio che abbia stipendi bassi, pochi diritti, poca assistenza… Uno schiavo non si ribella perché ha paura e perché introietta l’ideologia del capo. Finisce per pensare che l’ordine delle cose sia immutabile e che sia, per così dire, naturale. Che poi, senza andare lontano, è la semplice dinamica dei rapporti di potere.

L’URSS comincia a vacillare, si capisce che finirà, quindi le destre prendono coraggio. Un altro elemento che favorisce lo spostamento del potere sono gli shock petroliferi degli anni ‘70, con la conseguente inflazione e con l’instabilità connessa. Il contesto fornisce una giustificazione per dichiarare “urgente” e “indispensabile” una riforma del sistema. Questo approccio è stato anche definito “shock doctrine”, termine introdotto da Naomi Klein nel suo omonimo saggio.1

A questo punto, però, bisogna aggiungere che chi prende il potere non è la destra nel suo insieme, ma ovviamente quella più conservatrice e aggressiva, la frangia “neocon”. Un insieme di figure politiche e di ideologi con riferimenti culturali lontani e, di fatto, presenti da sempre soprattutto negli Stati Uniti, ma non solo. Personaggi come Ayn Rand si ispiravano in ultima analisi a concetti cari a Nietzsche, come quello di superuomo.2  Chi ha caratteristiche superiori deve fare ciò che vuole, senza essere condizionato dalla massa.

L’egoismo è visto positivamente, perché libera il superuomo dalle catene delle convenzioni sociali. Il comunismo è visto invece come una dottrina volta a castrare l’intelligenza degli uomini “eletti”. Si crea poi un calderone di concetti che sono anche mal strutturati, ma che sono molto potenti per difendere gli interessi del potere, cioè dei ricchi.

La potenza con la quale le nuove destre si impongono schiaccia completamente le sinistre, che perdono la battaglia delle idee. Le sinistre non sanno nulla di “marketing”, non sanno più come raccontare la loro “versione delle cose”, in un certo senso sono più ingenue. Si profila un progressivo degrado, poiché la batosta è troppo forte.

E tuttavia anche le destre, che restano prive di ogni opposizione (la “fine della storia”), finiscono per degradarsi a loro volta, poiché in mancanza di un contraddittorio possono dire qualsiasi stupidaggine. Si perde pian piano tutto ciò che di buono esiste nel pensiero della destra.

Il degrado, ovviamente, è anche in sé cosa voluta e studiata a tavolino, perché si vuole delegittimare tutto: la politica, lo stato, le istituzioni… Deve dominare un gran confusione, dove ci guadagnano solo quelli che sono ben organizzati e cattivi: i ricchi repubblicani.

Questo aspetto è di particolare importanza e merita una digressione, a maggior ragione in questo preciso momento storico. Già, perché non solo la vittoria di Donald Trump ha lasciato tutti sconcertati, ma anche perché ci si stupisce del suo comportamento, definendolo un pazzo.

Guardare le cose in questa prospettiva non permette di capire il fenomeno e limita la possibilità di trovare soluzioni. Ci si deve rendere conto che è una strategia ben precisa messa in atto dal partito repubblicano (vedi sopra). Se il partito sta al governo, deve creare un disordine costante, inviando messaggi contraddittori all’opinione pubblica. Se il partito sta all’opposizione, deve delegittimare in tutti i modi gli avversari e boicottarne l’azione, a prescindere dall’utilità pubblica.

A questo si accompagna la delegittimazione della stampa ufficiale, la creazione di strutture di propaganda e l’uso di toni volgari e aggressivi che fanno scadere il livello del dibattito. Distruggere è più facile che costruire.

Il risultato è la disaffezione per la politica da parte dell’elettorato, stanco di seguire l’attività caotica e insensata del governo. In tal modo, vince il potere che vuole cittadini disinformati.

Queste strategie sono state studiate in dettaglio dal giornalista statunitense Robert Parry.3

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Fatta questa premessa, per capire in che modo abbia luogo il degrado della sinistra, bisogna capire innanzitutto quali sono le caratteristiche che la caratterizzano rispetto alla destra. La mia analisi cerca di definire i concetti di destra e sinistra in base ad aspetti molto generali, prescindendo volutamente da definizioni politiche o storiche. In fondo, le conversazioni che hanno stimolato il mio articolo si sono sempre articolate a partire da definizioni di questo tipo.

Per cominciare, la destra è molto legata al concetto della forza, della disciplina, anche militare, e dell’autorità, mentre la sinistra è legata al concetto della rivoluzione, della violenza “da strada” delle masse. La sinistra è affascinata dall’anarchia, è per natura più plurale, la destra ama l’uomo forte e l’adesione al pensiero unico.

La destra si riconosce più nel modello dell’uomo che, grazie al suo spirito pratico e alla sua forza, si fa strada nella vita contro tutto e tutti. La sinistra si identifica più nell’ideale dell’intellettuale, che cerca di capire e smascherare i meccanismi negativi del potere. La destra odia gli intellettuali e ama gli uomini d’azione. La destra ama concetti semplici e diretti, la sinistra ama concetti complessi.

Da ciò discende il fatto che la destra è pragmatica, realista, mentre la sinistra vive di principi, di utopie, di mondi immaginati. La sinistra tende a pensare come potrebbe essere il futuro, è idealista, mentre nella destra la tensione ideale è molto meno presente, c’è una visione delle cose come se non si potessero mai cambiare davvero.
Come corollario, la destra concepisce un elitismo basato sulla forza o, in ultima analisi, sul denaro. La sinistra concepisce invece l’elitismo in senso più culturale: chi è più colto, chi si esprime meglio, chi è più raffinato fa parte dell’élite.

Ancora, laddove la destra ammira la lotta dell’uomo solo, che con la sua volontà sa andare contro la massa “informe” per tracciare la sua strada, la sinistra ammira invece l’altruismo, il sacrificio per il bene comune, la condivisione, la protezione dei deboli.

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A partire da questa sorta di descrizione schematica, se partiamo dalle premesse e le proiettiamo in senso, per così dire, negativo, si capisce in che modo la sinistra si è andata degradando. Se tutti gli spazi sono occupati dalla destra, se il comunismo crolla, se sembra che gli altri abbiano avuto l’ultima parola, allora dominano la delusione e lo scoramento. Molte delle menti migliori cominciano a lasciare i partiti di sinistra, cercano altro o non cercano più nulla. Si crea un circolo vizioso che autoalimenta il degrado.

Riprendiamo ora alcuni dei punti elencati in precedenza analizzandoli secondo questa chiave di lettura.

Veniamo al primo aspetto: il fatto di essere non violenti si estremizza e lascia lo spazio a un modo di fare sempre più “smidollato”, nella speranza (forse) ingenua che possa esistere un mondo dove non c’è alcun tipo di violenza. Magari fosse così semplice! La verità, purtroppo, è che è necessario quanto meno “avere le palle” quando si discute di politica, ed è tuttora necessario avere un esercito quando si parla di diplomazia.

La lotta contro l’autorità, che prima del ‘68 era necessaria per scardinare i poteri precostituiti, arriva pian piano a mettere in discussione il concetto stesso di autorità, di nuovo nella speranza ingenua che possa esistere un modo senza gerarchie. Da questo al “sei politico” il passaggio è breve. Gli studenti si mettono sullo stesso piano dei professori, senza capire che ciò apre la strada alla svalutazione della scuola, della politica e di qualunque professione, al limite.

Certo, ma questa follia rivoluzionaria è invece ben sfruttata dalla destra, che vede di buon occhio la distruzione della scuola per aprire all’istruzione privata e, di nuovo, elitaria. Gli studenti, invece, sono contenti perché non devono più studiare, e le famiglie sono contente perché, d’un tratto, scoprono che tutti i loro figli sono dei geni. E’ bello vivere nel paese della cuccagna.

La figura dell’intellettuale pian piano si sconnette dalla società, perde il suo impegno sociale, non riesce più a incidere sull’immaginario del popolo. Deluso, avverte le masse come “ignoranti” e “ingrate”, e si rinchiude nel suo elitismo. Prevale lo snobismo, che produce i personaggi odiosi che conosciamo.

Il fenomeno conosce anche altre sfumature. Per esempio, dopo decenni di battaglie per i diritti, battaglie per le “cose giuste”, c’è una certa sensazione di “sentirsi apposto” e di sentirsi comunque “dalla parte giusta”. Noi abbiamo gridato cose giuste (vedi Nanni Moretti) e quindi abbiamo fatto il nostro compitino per casa. La sinistra ha cominciato a sentire che aveva comunque già fatto tutte le cose giuste, quindi non si è messa più in gioco. Ha sviluppato un sentimento di superiorità morale che la porta a non discutere più le sue posizioni.

Altro aspetto, la cronica incapacità di scendere a compromessi. Certo, perché così si può continuare a coltivare la pretesa di essere “puri e duri”. Certo, è facile essere puri se non si governa, perché la politica richiede compromessi. Insomma, si fa presto a criticare gli altri, ma se vuoi fare qualcosa ti devi anche sporcare le mani ed essere un po’ meno puro.

La sinistra che, giustamente, proteggeva i deboli dai soprusi del potere, assume gradualmente un atteggiamento paternalista. Il “proletario” può fare qualunque cosa, non potrà mai essere colpevolizzato, non sarà mai sua la responsabilità, va protetto sempre “a priori”. Il sindacato passa da un ruolo di riequilibrio e di contrappeso essenziale a un ruolo di falsa difesa di diritti acquisiti.
E’ chiaro che è una difesa ipocrita, perché in sostanza si finge di proteggere qualcuno, ma in realtà non lo si fa crescere e non lo si responsabilizza. E’ una protezione paternalista, alla “mamma chioccia”, che però così facendo crea un gruppo di consenso, il quale permette di mantenere una fetta di potere.

Un’altra evoluzione è il fatto che la sinistra si occupa sempre meno degli operai, ma si orienta piuttosto verso la difesa delle “minoranze”, ad esempio gli omosessuali e le coppie di fatto… Battaglie sacrosante, ma che in realtà sono dei ripieghi, perché non si lotta più apertamente contro il capitale.

E adesso mi fermo qui con questa parte dell’analisi.

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Come ho detto sin dall’inizio, analizzare un fenomeno così complesso in poco spazio non è semplice. Ho fatto una scelta, concentrandomi su una delle dinamiche che ritengo più rilevanti per spiegare ciò che ho definito “degrado della sinistra”. E, nonostante i limiti di questo tipo di analisi, penso di aver comunque dipinto, e forse spiegato, almeno una parte della problematica.

Certo, ci sono tanti altri elementi e tante altre prospettive da considerare. Ad esempio, l’esistenza inevitabile dei cicli storici, e delle dinamiche generazionali. E’ facile essere rivoluzionari a vent’anni, però poi crescendo tutto diventa più complicato. Molte persone che hanno vissuto il ’68 da giovani hanno finito per subire questi meccanismi.

I soldi corrompono: quanti sindacalisti si sono arricchiti quel tanto che bastava per comprare un maglione di cashmere! Nei salotti, poi, ci si sta bene a fare grandi discorsi, meglio che in fabbrica con chi lavora.

E’ molto duro, per una corrente sociale utopista, doversi scontrare con i fallimenti, con i limiti dell’azione politica quotidiana, e così c’è sempre la tentazione di mollare tutto e rinchiudersi in sé.

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Non posso terminare senza fare un accenno doveroso agli aspetti macroeconomici. Durante gli anni ’70 si esaurisce il ciclo espansivo dell’economia, si satura la capacità di assorbimento dei mercati, i modelli entrano in crisi, aumenta la competizione a livello internazionale…

Qui si apre una discussione che è necessaria e che è del tutto complementare alle considerazioni che ho fatto qui. Ne tratterò in modo specifico in un prossimo articolo.

 

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  1. Naomi Klein, nata nel 1970, è una giornalista e attivista canadese autrice di diversi saggi critici nei confronti del neoliberismo. Una delle sue opere più importanti è intitolata “The shock doctrine” (tradotto in italiano come “The shock economy”), libro in cui introduce l’omonima espressione come chiave di lettura economica e politica.
  2. Ayn Rand (1905-1982) è una scrittrice e filosofa statunitense di origine russa che ha sostenuto l’individualismo e l’egoismo razionale. La sua opera più importante è il romanzo distopico “Atlas shrugged” (tradotto in italiano con il titolo di “La rivolta di Atlante”), in cui vengono difesi il capitalismo e l’individualismo come unica via possibile per lo sviluppo della società. Varie personalità di spicco dei partiti neoconservatori, come Ronald Reagan e Margareth Thatcher, si sono ispirati alle sue idee.
  3. Robert Parry, nato nel 1949, è un giornalista investigativo statunitense, conosciuto soprattutto per aver giocato un ruolo chiave nell’inchiesta Irangate. Ha descritto in modo preciso e lucido i metodi impiegati dalla CIA e dagli organi di propaganda del governo statunitense a partire dagli anni ’70., che ne ripercorre l’uso a partire dalla fine degli anni ’60 in diversi libri e in un articolo illuminante.

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